Abbiamo incontrato Amy proprio a Costa Digiano in un pomeriggio di sole di inizio estate, immersi nel verde intenso della campagna lontana dalle grandi strade e in una quiete quasi irreale, idilliaca, di fronte ad un bicchiere di vino da cui tutto sembra essere partito.
Per quale motivo hai scelto di aprire l'azienda agricola?
"E' stato l'amore per il vino. Tramite il vino andare a scoprire la terra: che cosa vuol dire essere, appartenere ad un territorio. Da lì mi sono interessata sempre di più alla parte agricola, e sempre meno agli altri aspetti del vino, come la degustazione, nonostante sia rimasta sempre una grande appassionata e la mia esperienza con il vino parte dai vari corsi e scuole di degustazione. Ma è stato l'amore per la terra, per il territorio dove nasce Costa Digiano, a farmi decidere di venire a vivere nelle Marche."
Facevi un altro lavoro prima di intraprendere questa attività?
"Prima del 2011 lavoravo solamente nel settore turistico mentre Mirco lavorava e lavora ancora nel ristorante di famiglia, il Casolare dei Segreti. Ci siamo conosciuti al Vinitaly, come vedi sempre grazie al vino. Arriva il momento che desideri fare di più che berlo solamente il vino, vuoi in qualche modo partecipare. E' nato in me un grande desiderio di lavorare la terra, di scoprire quella parte, la nascita del vino."
Eppure ancora non avete la vigna!
"Non è stato necessario, almeno per ora: io ho trovato quello che stavo cercando, la terra. Certo c'è la volontà, la voglia e il desiderio di avere una vigna, ma sappiamo che comporta molto impegno. Non vogliamo lasciare quel che già facciamo: l'idea è comunque di iniziare con mezz'ettaro di vigna, inserita nel contesto di quel che è ora Costa Digiano. Non vogliamo diventare solamente produttori di vino. La nostra fattoria è nata con l'idea di costituire un'ecosistema naturale e vuole essere un esempio di permacultura: gli ulivi, le api, l'orto, i lombrichi, i cavalli, le galline, e speriamo anche il vino. Così secondo noi deve essere una fattoria: autosufficiente, come d'altronde erano tutte le fattorie fino a qualche decennio fa. Non esiste monocoltura, esiste tutto: anche l'uomo è dentro questo ecosistema, ti coltivi il cibo, gli animali ti danno il concime, hai perfino le medicine naturali, ad esempio le erbe spontanee. Usi tutto quello che è il tuo contesto nel modo più efficiente possibile. Permacultura per me vuol dire soprattutto questo: imparare a conoscere il tuo luogo, ogni angolo del tuo posto, le erbe che crescono, le loro proprietà, come le puoi utilizzare per te, per i tuoi animali e per le tue piante. E soprattutto non sprecare niente, vivere in questo contesto in sintonia con la natura."
Avete deciso di ottenere la certificazione biologica. Le ragioni della scelta?
"Al di là della certificazione, io non potrei far altro che lavorare in biologico, non vedo altro tipo di possibilità per coltivare nel rispetto della terra. Ma la cosa che ci ha fatto decidere per la certificazione bio è stata la possibilità di sottrarre il fondo alla caccia. Costa Digiano è in un territorio aperto alla caccia e molto frequentato dai cacciatori, ma con la certificazione hanno il divieto di sparare in tutta l'area dell'azienda agricola."
Invece l'utilizzo dei principi e dei metodi biodinamici?
"E' sempre una scelta di vivere e conoscere fino in fondo l'ecosistema in cui vivo: ad esempio la scelta di allevare api, lombrichi e cavalli, come concetto di organismo agricolo biodinamico. Le api e i lombrichi sono rispettivamente gli animali solari e lunari, e poi c'è l'animale (che di solito è la mucca e per noi sono i cavalli) che fornisce il letame come concime per tutti i compostaggi che sono importantissimi nell'agricoltura biodinamica. E' una questione di autosufficienza e di equilibrio: i lombrichi sono responsabili della fertilità del suolo, e le api della fertilità di tutto quel che vive al di sopra della terra."
E l'autosufficienza economica?
" Quella ancora manca (ride). Continuiamo sia io che Mirco ad avere un secondo lavoro. Non è facile economicamente producendo solo olio e un po' di miele, dovremmo sicuramente integrare con il vino o con l'ospitalità turistica. Il nostro prodotto principale è l'olio di Mignola: il 50% di vendite è all'estero, il resto in tutta Italia ma soprattutto nelle Marche."
Quindi avete un buon rapporto con il territorio, non solo dal punto di vista della natura e della vostra terra ma anche dei rapporti sociali e di lavoro. C'è realmente cooperazione, un meccanismo di filiera che funziona o ancora manca la volontà e la capacità di fare sistema?
"Manca a livello istituzionale ma al contrario, dal basso, c'è stretta cooperazione tra chi lavora con una stessa filosofia, che è quella del rispetto della terra e del territorio. Che siano ristoratori, agricoltori, operatori turistici, viticoltori. Il bello è che le relazioni si instaurano in maniera semplice, spontanea: capisci subito chi ti trovi di fronte. Certo è una realtà piccola e fatta di piccole aziende ma questa d'altronde è la caratteristica delle Marche: rispetto anche alla Toscana, è una realtà importante. Sento che qui c'è realmente una comunità, di cui mi sento parte. Anche l'idea di TerroirMarche , di un consorzio di vignaioli bio che parte direttamente dai produttori, dai vignaioli, è un'idea geniale che non ho visto fare in altre regioni.
Tu sei americana, ma hai vissuto per molto tempo in Toscana, infine nel 2009 ti sei trasferita nelle Marche. Ti senti oramai legata a questo territorio?
"Sì assolutamente. E non solo a Costa Digiano. Proprio grazie a questa relazione con i colleghi. E poi ci sono dei paesaggi veramente incredibili, tra i più belli mai visti non solo qui, ma nel mondo. Ed ho ancora tanti posti da scoprire. Ci sono dei luoghi magici, di natura incontaminata, di un verde così vibrante, ricchi di tonalità diverse. Il problema è che non lo sa quasi nessuno."
Manca la mentalità di saper promuovere questo territorio?
"Sì, è la mentalità di pensare di non avere niente di così interessante, come ad esempio può essere una città come Firenze o Venezia, che riesca a portare persone, turisti a visitare questa regione. Invece a mancare è soprattutto l'ospitalità, l'accoglienza: bisognerebbe far capire agli albergatori, ad esempio, che il luogo dove vai a dormire deve essere parte dell'esperienza turistica che fai. Non è solo un posto dove parcheggi la macchina e le valigie per poi "andare a scoprire" il territorio. E questo manca nelle Marche, a differenza della Toscana ad esempio, dove l'albergo sa che deve dare al turista un motivo per dormire e restare lì. L'attenzione ad ogni singolo dettaglio è fondamentale, che sia un agriturismo o un hotel a 4 stelle. E' un peccato perché al contrario la ristorazione mantiene dovunque una qualità media abbastanza alta, un po' come in Piemonte. Ci sono troppe potenzialità inespresse, e questo parte tutto dal rapporto con il turista: instaurare un rapporto umano è il primo passo fondamentale per sviluppare ospitalità e accoglienza. Avere questa passione per il territorio e saperlo comunicare, trattando ogni turista non come un generico cliente ma come singolarità: è il desiderio sincero di condividere qualcosa con la persona che sta davanti a te."
Forse è anche il famoso "campanilismo" marchigiano a penalizzarci? Le grandi differenze di usanze, dialetti, stili di vita che si riscontrano nel giro di pochissimi chilometri?
"Ma questa diversità non è solamente marchigiana, è una cosa tipicamente italiana. Anche in Toscana, avendo vissuto in un territorio non così rinomato come la Valdambra, una bellissima vallata ma meno conosciuta e meno turistica rispetto alla zona del Chianti Classico, di Siena e Firenze, hai piccoli paesi dove la gente è nata e cresciuta lì, con differenze nelle usanze e nei modi di dire da un borgo all'altro. In Italia fino a pochissimo tempo fa ogni città era nazione."
Secondo me questa diversità non è una debolezza ma una ricchezza che non abbiamo saputo valorizzare, non siamo stati ancora capaci di farne un punto di forza. Si pensa che è meglio semplificare, brandizzare un luogo promuovendo un unico prodotto o un'unica destinazione. Eppure è proprio la biodiversità, intesa sia in senso naturale che sociale, a rendere speciali le Marche
"Sì, sono d'accordo! E' proprio la grande varietà che rende l'Italia unica al mondo. Ho letto recentemente che l'Italia è addirittura la prima nazione al mondo per biodiversità in specie vegetali e animali. La varietà che abbiamo a livello enogastronomico è ineguagliabile. Ad esempio abbiamo più vitigni autoctoni, varietà di olive, formaggi e perfino di mele di qualunque altro paese. Tutto questo grazie alla particolare geografia e al clima della penisola, ma anche alla storia e alla cultura di ogni singola regione. Questo è il vero patrimonio dell'Italia che dobbiamo salvaguardare. Per fortuna nelle Marche non c'è mai stata la capacità di spingere su un prodotto specifico rispetto ad un altro, che sia il vino o l'olio etc. E' vero che c'è stato poco interesse per questa regione dal punto di vista del turismo, rispetto al Piemonte e la Toscana, ma forse dal punto di vista della preservazione del patrimonio naturale e del settore enogastronomico questo è un vantaggio: ora le persone sono più libere di sviluppare progetti diversi, magari con lo scopo di proteggere la biodiversità della nostra regione."
Parlavi di TerroirMarche: molte aziende che fanno parte del consorzio sono gestite da persone che prima hanno fatto altri lavori, che hanno vissuto lunghi periodi fuori regione e sono tornati nelle Marche. Altri, come te, sono nati da tutt'altra parte ma hanno deciso di lavorare e prendere casa qui.
"E' vero: sono proprio gli agricoltori che prima facevano altre cose e vivevano fuori regione quelli con cui ci troviamo di più a cooperare e condividere esperienze. E' una ricchezza, perché non si pensa solo a tirare l'acqua al proprio mulino. Chi ha visto, vissuto altre esperienze lavorative al di fuori di questo territorio probabilmente apprezza molto di più la ricchezza, la bellezza di queste terre e di questo lavoro, ed ha voglia di condividerne le differenze e specificità."
di Emanuele Tartuferi
Foto di: Cosimo Maffione / Costa Digiano